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Discorso programmatico del Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione
della Nuova Evangelizzazione

Il percorso delle Confraternite

S. E. R. Mons. Rino Fisichella

Arcivescovo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

 

Lugano, 15 febbraio 2020

L’esigenza di aggregazione e di ritrovare momenti di partecipazione comune è determinata dai tempi, oltre che dalla volontà delle persone Oggi si vive all’interno di una cultura che è profondamente frammentaria e la frammentarietà sembra avere la meglio Il mondo odierno ha, invece, particolarmente bisogno di unità; che non significa conformità, ma piuttosto essere in grado di raccogliere le varie ricchezze che nella complementarità del rapporto possono dare una visione d’insieme, una visione appunto unitaria.

Tre parole chiave di Papa Francesco per le confraternite: evangelicità, ecclesialità, missionarietà

Vorrei ritornare, innanzitutto, al 5 maggio 2013 Un’occasione importante per le confraternite: è stato il momento in cui Papa Francesco, eletto successore di Pietro da neppure due mesi, ha avuto l’opportunità, in occasione dell’Anno della Fede, di incontrare tutte le confraternite giunte a Roma. Nel suo discorso Papa Francesco chiese di non dimenticare tre termini. Il primo, quasi un neologismo, era quello che aveva ripreso dal suo predecessore Benedetto XVI: evangelicita'. Cos’è questa evangelicità di cui il Papa chiede alle confraternite di farsene promotori? La spiegò lui stesso: «Voi siete un’importante manifestazione della pietà popolare; siete uno spazio di incontro con Gesù Cristo. Rafforzate quindi la fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale, comunitaria e la liturgia». La dimensione dell’evangelicità fa riflettere su alcune condizioni particolari che danno testimonianza della presenza delle confraternite nella vita delle varie Chiese particolari. In questo ambito, è necessario far riferimento a un dato che è essenziale per la realtà delle confraternite: la memoria storica. Essa significa non dimenticare mai a chi si appartiene. Il tema dell’appartenenza si integra con quello dell’identità: è necessario che là dove ci si senta fortemente radicati in una tradizione, ci sia anche la forza di una trasmissione viva. L’identità e l’appartenenza non sono oggetti da collocare e contemplare in un museo. Sono uno spazio attraverso il quale, in maniera dinamica, si cresce, facendo proprie quelle che sono le varie dimensioni dello spirito del tempo che si vivono.

La Tradizione, in questo caso con la T maiuscola, è una fonte fondamentale del nostro vivere, poiché è la fede di chi vive l’oggi in cui si è inseriti. La Chiesa non è e non potrà mai essere un pezzo da museo da ammirare nella sua staticità. La Chiesa è stata voluta dal Signore Gesù perché attraversasse il mondo, perché si inserisse in tutte le culture e ascoltando, leggendo e facendo emergere quello che è presente nelle culture, lo trasformasse alla luce di quella Parola, che è la parola viva che scaturisce dal Vangelo. Questo però assumendo tutto quello che c’è, senza diventare una filosofia al fianco delle culture nelle quali si vive. «Voi siete il sale», «voi siete la luce», «voi siete il lievito»: quante volte abbiamo bisogno di riportare alla mente questi passaggi fondamentali della predicazione di Gesù! Ecco dunque che una memoria storica non tiene fermi al passato; piuttosto, fa comprendere chi siamo. Perché all’interno di quella tradizione, che si sviluppa dinamicamente, cresce e acquisisce in sé elementi sempre nuovi, diventando capaci di attrazione, di trasmettere alle nuove generazioni un messaggio che porti significato nella vita delle persone.

Il secondo termine che il Papa vi ha affidato è quello di ecclesialita'. Vi diceva: «Voi siete una modalità legittima di vivere la fede». Sono parole molto importanti: siete una “modalità legittima”, non qualche cosa di superfluo che interviene dall’esterno della vita della Chiesa, ma uno dei frutti che nascono dalla vita stessa della Chiesa. La dimensione però dell’ecclesialità porta a comprendere sempre di più il grande ruolo che i fratelli e le sorelle delle confraternite possiedono nella trasmissione della fede. Perché la prima dimensione che la Chiesa vive è quella della trasmissione della fede e questo lo si sperimenta con il battesimo. È necessario richiamare la duplice dimensione con la quale si attesta la nostra fede. La prima professione di fede che noi conosciamo, già documentata nei testi del I secolo, è quella battesimale. La Chiesa, però, a partire dal IV secolo, sviluppa anche una seconda professione di fede, che non viene espressa alla prima persona singolare, bensì alla prima persona plurale. Infatti, dice il testo: pistèuomen (πιστεύομεν) ... crediamo! Questa professione di fede di Nicea-Costantinopoli è quella che si recita durante la liturgia eucaristica di ogni domenica. Il testo originale però non dice «io credo», ma: «noi crediamo in Dio Padre onnipotente» È davvero un peccato che nella tradizione italiana si sia preferito utilizzare «io credo», vanificando l’intenzione originaria dei Padri e dando anche seguito, inconsciamente, a una visione individualista della fede. Questa della ecclesialità, è la testimonianza che la Chiesa ha progressivamente maturato, soprattutto, davanti alle difficoltà e alle eresie. Nicea e Costantinopoli sono i concili che vengono convocati proprio al sorgere delle eresie che si sono conosciute nella nostra storia. La Chiesa, dunque, si sente un popolo solo e un corpo solo. Questo lo esprime nel proprio linguaggio dicendo Noi. Da lì nasce anche quello che si chiama “coscienza ecclesiale”. Il credente viene trasformato in una vita nuova e ogni battezzato ha una coscienza ecclesiale: anche se si è soli a vivere il Vangelo, ad annunciare il Vangelo, dispersi nel luogo più solitario della Terra, non si è mai soli poiché si sta con la Chiesa, si è nella Chiesa. L’impegno che Papa Francesco ha voluto affidare alle confraternite risulta essere molto importante: non solo siete la Chiesa, ma là dove operate, si agisce e si testimonia a nome della comunità cristiana. Questo, per alcuni versi, aiuta a togliere forme di protagonismo che tante volte possono far piacere, ma non agevolano a ritrovare il senso della comunità. Significa, in qualche modo, sapersi mettere in seconda fila, lasciando che sia rappresentata innanzitutto la realtà che si testimonia, prima che la modalità con cui si celebrano i misteri della fede. La prima dimensione è Gesù Cristo; quel Gesù Cristo che si riflette nel volto della sua Chiesa, nel volto di ogni credente L’ecclesialità porta a questo: al primato di Cristo.

Conduce, inevitabilmente, anche ad assumere alcune responsabilità che sono proprie della Chiesa. È la terza parola che il Papa affida alle confraternite: missionarieta'. Il Papa ha affidato, in modo particolare alle confraternite, questo compito: «di come la fede entra nella cultura e si esprime nella pietà popolare, voi siete un importante manifestazione». Ovvero l’opera compiuta dalle confraternite è un’attività di evangelizzazione a pieno titolo. Non è l’uomo che pone in essere l’evangelizzazione: il primato è dato all’evangelizzazione, che fa capire ad ognuno quale identità assumere e fa comprendere a chi egli appartiene. Quindi, l’identità e il senso di appartenenza sono determinati dalla realtà stessa che Cristo ha posto in essere, ovvero il portare l’annuncio del Vangelo.

Come possono le confraternite aiutare la Chiesa in questa opera di evangelizzazione? È bene ricordare che le opere di misericordia non sono soltanto sette: per la Chiesa sono quattordici, quelle corporali e quelle spirituali. Papa Francesco comunque dice che non sono neppure quattordici, bensì tante quante vengono plasmate e realizzate dalla vita di ogni singola persona. Durante il Giubileo della Misericordia ebbi l’opportunità di parlare con il Nunzio in Siria, il quale mi disse: «l’unica opera di misericordia che qui possiamo realizzare è quella di seppellire i morti». Mi confessava qual era, in quel momento, la presenza della Chiesa in quel Paese. Non significava soltanto gestire le cappelle funerarie o i luoghi di culto dedicati alla pietà per i defunti. Seppellire i morti vuol dire, infatti, molto di più: significa la condivisione nel dolore, il tendere una mano, saper dare significato a quel momento particolare e unico nella vita delle persone.

Inoltre, tra le opere di misericordia, vi è una che spesso passa in secondo piano: «vestire le persone nude». Cosa significa oggi per i cristiani, per le confraternite, vestire le persone nude? La nudità è il segno della mancanza di dignità. E quante nuove nudità vive la società contemporanea! In queste bisogna essere capaci di trovare le nuove presenze delle confraternite. Là dove c’è mancanza di dignità, i cristiani percepiscono che si sta aprendo una nuova strada e di quella nuova strada possono divenire responsabili. Ma anche in questo caso, non bisogna dimenticare che chi restituisce primariamente dignità all’uomo non siamo noi con le nostre azioni, ma è l’opera di Dio. È Dio che riveste, con i suoi abiti, le persone verso le quali noi ci orientiamo e ci dirigiamo.

L’importanza della gratuità

Questa è una realtà della quale voi siete profondamente testimoni: la dimensione della gratuita'. Vorrei aggiungere questa parola a quelle tre precedenti che il Papa vi ha affidato Perché quello che le confraternite fanno, lo realizzano con una forma di pieno volontariato e gratuitamente Per voi, infatti, vale in profondità quello che ritroviamo come parola di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Qui viene anche dato un elemento di giudizio, un criterio fondamentale: se nessuno di noi compie l’esperienza della gratuità, difficilmente sarà in grado di mettersi gratuitamente a disposizione degli altri. Compiere in primo luogo l’esperienza della gratuità significa aver già ricevuto da altri questa esperienza, averla vissuta in prima persona davanti a Dio. E qui allora la dimensione della gratuità porta all’esperienza dell’accoglienza. Accogliere per essere spazio e luogo di incontro è fondamentale per le confraternite in questo periodo storico. Non potete rischiare di diventare dei gruppi chiusi. È necessario allontanare qualsiasi tentazione di essere una “setta” che costruisce attorno a sé delle nuove muraglie cinesi dentro le quali vivono dei privilegiati: non è questa la vocazione delle confraternite È, piuttosto, l’esperienza di vivere la fraternità. Infatti, propria della gratuità è quella di accogliere tutti, senza escludere e discriminare nessuno. Anche nelle cariche che si realizzano: non può essere discriminato nessuno Perché una confraternita è un’aggregazione di fratelli e sorelle, dove ci può essere il “primo” eletto, ma proprio perché tale, dovrà essere al servizio degli altri. Questa consapevolezza deve essere vissuta ancora di più e presa in considerazione in questo nuovo frangente nel quale siamo chiamati a vivere.

Il Papa afferma, inoltre, che siete in modo particolare inseriti nelle culture e tra queste bisogna prestare attenzione a quella attuale: la cultura digitale. Lo smartphone, infatti, non è solo uno strumento, ma il segno di una nuova cultura con la quale siamo chiamati a confrontarci. C’è una generazione anziana che vive con il cellulare in modo strumentale, ma bisogna essere in grado di comprendere che questa è una nuova cultura. Si sta producendo un nuovo linguaggio e conseguentemente si creano dei nuovi comportamenti. Il linguaggio diventa sempre più immediato, sintetico, semplice e i comportamenti diventano sempre più quelli individuali: l’uomo si rinchiude in sé stesso. Tuttavia, bisogna essere cauti a esprimere una parola di condanna dinanzi a queste situazioni. Essi sono i segni di una cultura all’interno della quale bisogna inserirsi prima di poterla giudicare. All’interno di questo strumento emerge, paradossalmente, una cultura che è universale Nella cultura digitale, infatti, pur rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo, che si gestisce come si vuole, ci si immette in un orizzonte che è globale. Per questo è anche un bene che si mettano tutte le confraternite su internet, anche soltanto per una dimensione informativa. Ma bisogna essere capaci di compiere il passo che va oltre. Si è vissuto finora con due grandi categorie di pensiero: il tempo e lo spazio. Sul piano digitale, il tempo e lo spazio scompaiono Perché si vuole subito hic et nunc: questo è un aspetto della cultura digitale Se non si riceve subito la risposta ai messaggi, vuol dire che qualcosa non funziona e una volta che si è entrati in quello strumento, in quella cultura, non se ne esce più. Tant’è vero che le legislazioni stanno iniziando a statuire il “diritto all’oblio”! Eppure è un’utopia, perché usciti da un motore si viene assorbiti da un altro: è necessario comprendere cosa sarà il futuro. Quindi, sicuramente non si attireranno le nuove generazioni di confratelli mettendo la confraternita in rete: questo, al massimo, potrà stimolare una certa curiosità iniziale, ma ci vorrà una riflessione ulteriore, una riflessione che sia culturale e da cui non si potrà prescindere per dare continuità alle confraternite.

La via della bellezza

Infine, auguro che le confraternite abbiano a esprimere al meglio la via della bellezza. Per la Nuova Evangelizzazione, infatti, è costitutiva la via pulchritudinis. Essa non si limita soltanto all’arte o alla musica, ma è ciò che consente di esprimere anche oggi la bellezza. Non si può semplicemente ripresentare quello che è stato prodotto dalla creatività, dalla fantasia e dall’arte del passato; avete lo scopo di creare la bellezza anche oggi. Crearla con i canoni propri che la bellezza possiede oggi, ma senza discontinuità con la tradizione precedente, poiché altrimenti la comunicazione diventerebbe molto difficile e non verrebbe più percepita.

Come produrre bellezza? Non è un compito facile: richiede passione, mezzi e fantasia; ma è una opportunità che viene affidata anche alle confraternite per poter far sorgere nuovi Michelangelo, nuovi Raffaello e nuovi geni. Essi sono presenti, ma hanno bisogno, come è avvenuto nelle epoche passate, di qualche mecenate che creda nelle loro capacità di riprodurre la fede attraverso l’arte. Quanta catechesi si può fare attraverso le opere d’arte!

Concludo quindi con quanto il Papa ha affidato alle confraternite: evangelicità, ecclesialità, missionarietà; alle quali vorrei aggiungere la gratuità, che si esprime nell’accoglienza. Abbiate la forza in voi di dare sempre spazio all’azione dello Spirito, che agisce in voi e attraverso di voi, ma fate questo sempre e per sempre in nome della Chiesa.